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C’era una volta una grande pianura, attraversata dal vecchio e lento fiume sulle cui sponde si estendeva una piccola città. Proprio al centro di questa cittadina sorgeva, immersa nel verde, una scuola accogliente e a misura di ragazzi. La scuola era frequentata da molti alunni, ma due saranno quelli che metteranno in moto la nostra storia: Tobias e Eva, fratello e sorella. Tobias era un ragazzo quattordicenne, alto e muscoloso con una folta capigliatura bionda che incorniciava un viso squadrato,  in cui spuntavano due occhi cerulei sempre in movimento. Eva, di due anni più piccola, aveva un fisico snello e una cascata di riccioli color rame che le scendeva sulle spalle , un visetto simpatico in cui le lunghe ciglia facevano ombra a due occhioni nocciola tempestati di pagliuzze dorate. Ogni anno, durante la primavera, la scuola organizzava una gita sui monti. Tutti i ragazzi non vedevano l’ora che arrivasse…

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— L’uomo che volle guarire— Intorno al grande lebbrosario sulla collina, a un paio di chilometri dalla città, correva un alto muraglione e in cima al muraglione le sentinelle camminavano su e giù. Tra queste guardie ce n’erano di altezzose e intrattabili, altre invece avevano pietà. Perciò al crepuscolo i lebbrosi si raccoglievano ai piedi del bastione e interrogavano i soldati più alla mano. “Gaspare” per esempio dicevano “che cosa vedi questa sera? C’è qualcuno sulla strada? Una carrozza, dici? E com’è questa carrozza? E la reggia è illuminata? Hanno acceso le torce sulla torre? Che sia tornato il principe?” Continuavano per ore, non erano mai stanchi e, benché il regolamento lo vietasse, le sentinelle di buon cuore rispondevano, spesso inventando cose che non c’erano, passaggio di viandanti, luminarie, incendi, eruzioni perfino del vulcano Ermac, poiché sapevano che qualsiasi novità era una deliziosa distrazione per quegli uomini condannati a non…

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– Il colombre – Il colombre – Quando Stefano Roi compì ¡.dodici anni, chiese in regalo a suo padre,capitano di mare e padrone di un bel veliero, che lo portasse con sé a bordo.«Quando sarò grande» disse «voglio andar per mare come te. E comanderòdelle navi ancora più belle e grandi della tua.»«Che Dio ti benedica, figliolo» rispose il padre. E siccome proprio quelgiorno il suo bastimento doveva partire, portò il ragazzo con sé.Era una giornata splendida di sole; e il mare tranquillo. Stefano, che non eramai stato sulla nave, girava felice in coperta, ammirando le complicatemanovre delle vele. E chiedeva di questo e di quello ai marinai che,sorridendo, gli davano tutte le spiegazioni.Come fu giunto a poppa, il ragazzo si fermò, incuriosito, a osservare unacosa che spuntava a intermittenza in superficie, a distanza di due-trecentometri, in corrispondenza della scia della nave.Benché il bastimento già volasse, portato da un magnifico…

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~Nel racconto è la storia di una completa stortura psicologica: meglio ancora, lo studio di un animo disdegnoso e strano, durezza, esagerata severità, misantropia si mescolano a un pressochè infantile e altrettanto egoistico bisogno dell’amore altrui. E se di durezza e severità sono vittime i primi figliuoli del protagonista, cresciuti nell’indifferenza del suo contorto e introverso bisogno dell’affetto diventa vittima Teresita, l’ultima nata, verso la quale il padre si riserva con la possessiva e capricciosa tenerezza di chi, più che d’amore, pretende d’essere amato. Nel Ferrro domina, fino ad assumere forme maniache, un senso atavico della dipendenza dei figli dal padre e del diritto che questi si riserba di farla da padrone del loro animo e della loro sorte. Più felice , tuttavia, riesce il personaggio di Teresina, nella sua tenerezza filiale e nel suo destino di vittima. Il Ferro, con le mani dietro la schiena, camminava tutto il giorno…

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Dino Buzzati – Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava.Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati.…

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– Ha detto che ballerà con me se le porterò delle rose rosse – si lamentava il giovane Studente – ma in tutto il mio giardino non c’è una sola rosa rossa. Dal suo nido nella quercia lo ascoltò l’Usignolo, e guardò attraverso le foglie, e si meravigliò: – Non ho una rosa rossa in tutto il mio giardino! – si lamentava lo Studente, e i suoi begli occhi erano pieni di lacrime. – Ah, da qual sciocchezze dipende la felicità! Ho letto gli scritti di tutti i sapienti, conosco tutti i segreti della filosofia, ciononostante la mancanza di una rosa rossa sconvolge la mia vita! – Ecco finalmente un vero innamorato – disse l’Usignolo. – Notte dopo notte ho cantato di lui, nonostante non lo conoscessi: notte dopo notte ho favoleggiato la sua storia alle stelle, e ora lo vedo. I suoi capelli sono scuri come i boccoli del…

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