C’era una volta una grande pianura, attraversata dal vecchio e lento fiume sulle cui sponde si estendeva una piccola città.
Proprio al centro di questa cittadina sorgeva, immersa nel verde, una scuola accogliente e a misura di ragazzi. La scuola era frequentata da molti alunni, ma due saranno quelli che metteranno in moto la nostra storia: Tobias e Eva, fratello e sorella.
Tobias era un ragazzo quattordicenne, alto e muscoloso con una folta capigliatura bionda che incorniciava un viso squadrato, in cui spuntavano due occhi cerulei sempre in movimento.
Eva, di due anni più piccola, aveva un fisico snello e una cascata di riccioli color rame che le scendeva sulle spalle , un visetto simpatico in cui le lunghe ciglia facevano ombra a due occhioni nocciola tempestati di pagliuzze dorate.
Ogni anno, durante la primavera, la scuola organizzava una gita sui monti. Tutti i ragazzi non vedevano l’ora che arrivasse il fatidico giorno della partenza; in particolare, Eva era molto emozionata perché per lei era la prima gita senza genitori.
Finalmente giunse il giorno prestabilito!
Partirono di buon mattino e, una volta pervenuti alla meta, gli insegnanti invitarono i ragazzi a formare dei gruppi contenenti alunni di classi diverse. Ogni gruppo ebbe una piantina per potersi orientare durante l’esplorazione del territorio, mentre i docenti avrebbero controllato a distanza.
Per uno strano scherzo del destino, Eva si ritrovò nel gruppo di suo fratello Tobias che la considerava una rompiscatole non fu molto contento, ma pensò che in fondo fosse un’ occasione per tenerla d’occhio.
La guida del gruppo venne affidata dall’insegnante ad un ragazzo basso e tarchiato con i capelli a spazzola che era molto esperto di montagna, ma che non godeva affatto delle simpatie di Tobias.
I ragazzi si misero in marcia di buona lena, ma dopo breve tempo il loro tranquillo cammino fu interrotto dalle voci del capogruppo e di Tobias. Discutevano ad ogni passo, si lanciavano battute offensive, sembravano sul punto di azzuffarsi.
Gli altri cercarono di riportare la pace tra i due, ma l’allegra atmosfera iniziale si era ormai rotta.
Allora Tobias, dopo aver convinto il suo fedele amico Max a seguirlo ed aver preso per mano Eva, annunciò che avrebbero proseguito per conto loro.
Il trio s’incamminò così per un viottolo che si diramava dal sentiero principale; Tobias era il capofila, veniva poi sua sorella ed infine Max.
Eva, con voce stridula disse : “Dovevi proprio farlo? Per una volta non potevi ubbidire a qualcun altro ?”. “No” rispose il fratello “Se questo qualcuno è uno sciocco presuntuoso. Non temere sorellina, andrà tutto benissimo!”.
Max, un ragazzo paffutello con un paio di spesse lenti che contrastavano col suo viso da cherubino, non disse nulla perché aveva una grande ammirazione per Tobias ed era pronto a seguirlo in capo al mondo.
Quindi Eva si rassegnò e continuò il cammino che, ad ogni passo, le sembrava sempre più difficile.
Mentre erano fermi in un piccolo spiazzo per riposarsi e rifocillarsi, videro il cielo rabbuiarsi. Grosse nubi nere s’andavano addensando sopra le loro teste e ben presto si trasformarono in pioggia battente; era necessario trovare un riparo. Nel giro di qualche minuto erano bagnati fradici, Eva cominciò a frignare e Max a tremare, un po’ per la temperatura che era scesa e un po’ per la paura che stava facendo capolino. Allora Tobias si sentì in dovere di rassicurarli : “Tranquilli, io sono ben preparato, il mio professore di scienze naturali è un vero genio e ho imparato come comportarmi in situazioni del genere, fidatevi di me!”.
“Chissà che direbbe il “tuo genio” se sapesse quello che è accaduto?” dissero insieme Eva e Max.
La fortuna però aiuta gli audaci e, quando finalmente videro una grotta, entrarono dentro e si gettarono a terra stremati per cercare il contatto con qualcosa di asciutto e di solido, dopo tanta acqua. Rimasero sdraiati per un po’ finché Tobias non si alzò e si guardò intorno per cercare dei ramoscelli con cui accendere un fuoco.
“Eva, Max, aiutatemi a trovare qualcosa, altrimenti ci buschiamo una polmonite!” disse. Mentre cercavano, avevano percorso alcuni passi che li avevano condotti verso l’interno. Nonostante la poca luce, fu proprio Max a scorgere i resti di un fuoco: c’era della cenere, qualche ramo bruciacchiato ed altri in disparte, pronti a dar vita alla calda fiamma. Tobias poté così facilmente far ardere la legna e ben presto una luce rossastra illuminò la grotta. I tre ragazzi si sedettero intorno al fuoco cercando di asciugarsi, mentre sbocconcellavano gli ultimi panini. Tutto sembrava essersi aggiustato, ritornò un po’ di fiducia e un timido sorriso apparve sul volto di Eva e su quello di Max. Tobias, dal canto suo, non aveva mai smesso di credere in sé stesso. Anche la pioggia non era più battente, anzi pian piano cessò di cadere.
I nostri protagonisti stavano per spegnere il fuoco ed uscire, quando sentirono in lontananza il latrato di un cane e in un attimo sopraggiunse un lupo che, alla loro vista, digrignò i denti e li scrutò con aria minacciosa. Dietro al lupo giunse una voce d’uomo : “Che diavolo ci fate nella mia grotta ? Chi siete? Cosa volete?”.
Apparve un vecchio con i capelli bianchi un po’ lunghi, un’ampia giacchetta sopra dei calzoni lisi da cui uscivano due grossi scarponi che avevano conosciuto tempi migliori. Il viso dell’uomo era solcato da una ragnatela di rughe avvolgente due occhietti azzurri, vivaci e curiosi che sembravano due gemme incastonate, protette dai bianchi cespugli delle sue sopracciglia. Dietro i segni del tempo, quel volto celava però una giovanile bellezza, una finezza dei lineamenti ancora presente.
La comparsa dell’uomo lasciò i nostri tre amici senza parole, erano come paralizzati. Anche Tobias, sempre sicuro di sé, questa volta non sapeva come comportarsi, si sentiva “nudo” di fronte all’uomo che lo guardava e lo guardava e … provava un forte disagio; non gli era mai accaduto qualcosa di simile!
Eva, con una vocetta flebile, trovò il coraggio di sussurrare: “Signore, non ci faccia del male, non abbiamo cattive intenzioni, siamo solo tre studenti in gita che hanno trovato riparo dal temporale. Ce ne andiamo subito!”
Allora Max e Tobias aggiunsero: “Scusi, scusi … non volevamo violare la proprietà di nessuno, addio, signore!”.
“Ma dove volete andare ora che è già quasi buio?” disse il vecchio.
“Restate!” continuò mentre attizzava il fuoco e il cane aveva preso a scodinzolare perché sentiva che si avvicinava l’ora del pasto serale.
Una scodella di zuppa calda riscaldò lo stomaco e lo spirito dei ragazzi, ma soprattutto rese loquace il vecchio che adesso non sembrava tanto scorbutico. Infatti prese a raccontare: “Diversi anni fa ero un uomo ricco, il successo mi arrideva, avevo una splendida moglie e due adorabili figli. A pensarci bene però, non mi sentivo completamente felice, sembrava mi mancasse qualcosa! Poi ci fu la disgrazia … la barca su cui si trovavano i miei cari si capovolse nel lago e morirono. La mia vita non aveva più senso, allora abbandonai tutto e scelsi una nuova esistenza che desse finalmente pace alla mia anima. Così eccomi qui, vivo in solitudine, il mio unico compagno è questo cane che ho trovato sui monti mentre ci aggiravamo entrambi con lo sguardo perso nel vuoto. L’ho chiamato Welt, perché per me rappresenta tutto il mondo”.
L’animale al suono del suo nome si avvicinò e si sdraiò ai piedi del vecchio.
Eva, Tobias e Max erano affascinati da quanto avevano udito, ma soprattutto da quell’uomo.
Le sorprese non erano ancora finite perché il vecchio invitò i ragazzi a seguirlo verso il fondo della grotta. Percorsero pochi metri e giunsero in un punto in cui non si poteva stare più in piedi, si inginocchiarono e … videro il tesoro!
In realtà non era un vero tesoro costituito da metalli preziosi, gemme o denaro, ma il vecchio chiamava “tesoro” una cassa in cui erano contenuti pochi libri sopra i quali troneggiava una lampada a petrolio. I ragazzi guardarono increduli, non riuscivano a capire in che cosa consistesse
L’uomo allora, comprendendo il loro stato d’animo, disse: “Forse a voi sembrerò folle, ma questo è un tesoro per ogni uomo che voglia essere veramente tale. Io, in solitudine, credo di essere giunto alla saggezza leggendo e riflettendo su questi testi”. Li prese in mano uno per uno: una Bibbia, Poemi Omerici, Inni Vedici. “Oh!!!” esclamarono i ragazzi stupiti.
“Ma quello cos’è?” incalzò Tobias indicando l’ultimo volume.
“E’ un testo fondamentale dell’Induismo” rispose il vecchio, poi continuò: “Ora vi spiego il motivo per cui questi libri sono un tesoro, perché aiutano ogni uomo a riflettere e a comprendere il cosmo, l’umanità, la divinità”.
“Anche la lampada fa parte del tesoro?” chiese allora Eva.
“Certo, il suo scopo non è solo illuminare e consentire agli occhi di vedere come tutte le lampade, ma la sua funzione è quella di illuminare la mente, di guidarla verso la saggezza” rispose l’uomo.
Tornarono quindi dove era acceso il fuoco e si sistemarono alla meglio per trascorrere la notte.
Il mattino seguente i tre ragazzi, all’apparire delle prime luci del giorno, si alzarono da quei giacigli improvvisati. Avevano le ossa un po’ indolenzite, ma la loro mente era sgombra e il loro cuore pieno di speranza. Ora però li aspettava la prova più ardua: ricongiungersi con i loro compagni che avevano trascorso la notte in un Rifugio, senza che gli insegnanti se ne accorgessero.
Si misero in cammino guidati dall’uomo, preceduti da Welt che sembrava conoscere benissimo tutti i sentieri. Quando scorsero in lontananza il Rifugio, si accomiatarono, seppur a malincuore, dal vecchio; poi si avvicinarono quatti, quatti all’edificio e sgattaiolarono dentro, giusto in tempo per mescolarsi con gli altri appena svegli.
Tutto sembrava tornare alla normalità, ma quanto era accaduto, soprattutto l’incontro con l’uomo della grotta aveva lasciato un profondo segno nelle loro menti, in modo particolare in quella di Tobias. Dopo averci rimuginato per un po’ di tempo decise infatti che, se voleva ancora avere stima di sé, doveva andare dal capogruppo, chiarire e scusarsi per ciò che aveva fatto il giorno precedente.
Fu meno difficile del previsto perché quel ragazzo era davvero in gamba, ascoltò Tobias poi gli strinse la mano. In quell’occasione tra i due si posero le basi per una futura amicizia.
Se l’incontro sui monti aveva spalancato nuovi orizzonti ai nostri giovani amici, esso era stato altrettanto magico per il vecchio Jakob, questo infatti era il nome del saggio che viveva nella grotta. Parlare con quei ragazzi, istruirli, aiutarli gli aveva fatto pensare ai suoi figli che non c’erano più. Si era ritirato dal mondo per raggiungere la pace e la saggezza, ora era forte, molto forte …
Era giunto il momento di ritornare nel mondo per trasmettere agli altri quella saggezza che aveva conquistato. Sarebbe stata una vita nuova in cui Welt avrebbe avuto sempre posto.
Così mentre il sole era alto, lasciò la grotta tenendo sotto il braccio il suo tesoro; s’incamminò verso la valle preceduto dal cane, mentre la sua ombra pian piano gli rimandava un’immagine del tutto nuova. Ne ebbe conferma appena riuscì a specchiarsi nel laghetto: i suoi capelli erano puliti e ben tagliati, i suoi abiti nuovi e ben stirati, il pelo di Welt era lucido come appena lavato; la vecchia cassa di legno si era trasformata in una grande borsa di cuoio per trasportare il “tesoro”.
Due nuove creature rientravano nel mondo mentre in lontananza gli insegnanti radunavano tutti gli studenti per la partenza.
Intanto il sole, basso sull’orizzonte e prossimo a cedere il posto alla luna, osservando la scena sorrise e mormorò: “Ognuno può avere la sua felicità, a patto che sappia come e dove cercarla!”.
I ragazzi avrebbero avuto tutta la vita per impararlo!